L’evasione fiscale e i gravi danni che produce

banda bassotti

Qualche tempo fa abbiamo trattato il tema inerente alla tassazione, e alla necessità dello stato di riscuotere le imposte, riservandoci di affrontare successivamente la questione dell’evasione fiscale. Addentriamoci, dunque, in tale argomento.

L’evasione fiscale è l’insieme di pratiche volte a eludere, parzialmente o totalmente, il prelievo fiscale da parte dello stato. Ovvia conseguenza dell’evasione, pertanto, è il fatto che lo stato venga privato di parte delle imposte di cui necessita per svilupparsi, corrispondere ai cittadini i servizi di cui necessitano, garantire il riconoscimento e la tutela dei loro diritti, e così via. In effetti, il gesto compiuto da chi evade colpisce implicitamente un’infinità di aspetti che riguardano lo stato, fra cui, in maniera più evidente, tutto ciò per cui lo stato stesso spende del denaro.

In una società in cui diverse pratiche di evasione del fisco siano sedimentate e consuete, si tende spesso a minimizzare l’entità del problema, di cui tuttavia noi abbiamo già abbozzato la rilevanza. Non ci resta che scendere più nel dettaglio, esaminando il ventaglio di conseguenze che l’azione di evadere le tasse produce.

Proseguiamo per gradi. Anzitutto, abbiamo già compreso il fatto che l’evasore danneggia lo stato nella sua interezza, da un lato privandolo delle risorse economiche, e dall’altro ledendo la legge. Ma che cos’è lo stato, se non l’unione di tutti i cittadini? E di questo gruppo non fa parte anche l’evasore stesso?

Ecco pertanto che costui finisce per danneggiare i cittadini nella loro totalità, sé stesso compreso. Chi si macchia di tale onta è ben più di una sola volta colpevole: egli lo è contro lo stato nella sua interezza, contro tutti coloro che dello stato fanno parte, e cioè i cittadini, e contro sé stesso, poiché contribuendo a ledere il benessere generale dello stato in cui egli vive, tale azione ricadrà ovviamente anche su di sé.

Queste sono le responsabilità dirette di chi evade le tasse, ma sicché ogni azione produce indirettamente una serie di reazioni più o meno prevedibili, vi saranno anche, ovviamente, delle responsabilità indirette. Senza volerci addentrare nell’infinita selva dell’inconoscibile, possiamo comunque abbozzare a una, principale, responsabilità indiretta. Quando privato delle risorse economiche che si aspetta di ottenere dal prelievo fiscale sui cittadini, lo stato, e chi è chiamato ad amministrarlo per la collettività, non potendo fare a meno delle risorse di cui necessita, agisce solitamente in due modi: opera dei “tagli” alla spesa pubblica in alcuni settori (tagli che possono tranquillamente tradursi in perdita di posti di lavoro), e/o aumenta l’importo delle tasse in quei settori in cui il prelievo fiscale è certo (solitamente, in questi ultimi ricadono le classi sociali più svantaggiate). A subire i peggiori effetti dell’evasione fiscale, dunque, sono sempre i più deboli, mentre spesso a giovarsi di pratiche evasive sono i più forti.

Può accadere, così, che uomini anche molto ricchi si macchino della vergognosa onta d’aver inasprito la vita a coloro che già avevano grandi difficoltà, contribuendo a ridurre a stato di povertà degli uomini, arrivando infine, in alcuni estremi casi, a sporcarsi indirettamente le mani del loro sangue. Possiamo disprezzare un omicida in quanto, con la sua condotta, egli avrà tolto la vita a un uomo e fatto del male a coloro a cui egli era caro; e allora, allo stesso modo, è doveroso spregiare colui che evade, giacché, in ogni caso, il suo comportamento estremamente egoista avrà leso lo stato, danneggiato tutti i cittadini e, in casi estremi, avrà anche concorso a provocare la morte.

Dobbiamo porre attenzione a non peccare di superficialità o di indifferenza. Non dobbiamo credere che nella vita certi fatti avvengano per caso. A ogni azione corrisponde una molteplicità di reazioni, alcune prevedibili, altre no. Ma per ogni sofferenza su questa terra vi è un diretto responsabile; e l’azione irresponsabile della maggioranza degli individui in un gruppo induce indifferenza verso i problemi altrui, se non nelle sedi prestabilite all’esercizio del pubblico disdegno. Non è una banalità asserire che il singolo può cambiare il mondo. Purtroppo, invece, spesso risulta più semplice alzare le spalle e voltarsi dall’altra parte, se non per principio, quantomeno per non remare controcorrente.

Come combattere efficacemente l’evasione fiscale?

Anzitutto, ritengo per i motivi testé addotti che, se esiste la legge come strumento per stabilire l’imperio della giustizia sull’ingiustizia e sull’egoismo, allora è assolutamente necessario che questa contempli l’evasione fiscale come un reato penale, giacché, nella realtà dei fatti, essa ha effetti devastanti sullo stato, su tutti i cittadini, e su colui stesso che si macchi della colpa d’aver commesso tale crimine contro la collettività.

Non identificherei, tuttavia, la volontà di rendere l’evasione fiscale un reato penale come un mezzo per combattere il fenomeno; quanto più come una dovuta scelta, il dovuto riconoscimento di un principio, quello della sovranità dello stato e dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. In secondo luogo, la storia e le statistiche sulla criminalità ci indicano fin troppo bene la realtà che punire (il più genericamente possibile) abbia una scarsissima, se non talvolta nulla, forza deterrente.

Al fine di combattere l’evasione fiscale, dunque, io riconoscerei principalmente l’utilizzo di due “strumenti”, oltre all’ovvia predisposizione e supporto di forze dell’ordine atte a tal fine (come la guardia di finanzia, ad esempio). Questi due strumenti sono la costituzione di un sistema monetario basato su valuta elettronica, e la lotta alla criminalità organizzata.

Il primo strumento, già preso in considerazione in alcune sedi ma ancora lungi dal divenire realtà, permetterebbe di combattere l’evasione fiscale da un lato abbattendo il lavoro illegale, dall’altro fornendo allo stato, con semplicità e chiarezza, un resoconto preciso delle capacità economiche di tutti i suoi cittadini. Basato sull’utilizzo di carte elettroniche personali che contengano all’interno il proprio credito, esso consentirebbe l’abolizione dell’attuale carta moneta. A quel punto, inoltre, coloro che amministrano lo stato non potranno più domandare ai cittadini tasse maggiori di quelle ch’essi sarebbero realmente in grado di restituirgli, poiché si accorgerebbero subito dell’errore commesso.

Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, essa può essere vista come utile strumento per combattere l’evasione fiscale, anche se, ovviamente, non è questo il suo scopo principale. Riservandoci di parlarne più avanti, concludo semplicemente fornendo un dato utile a chiarirci il motivo per cui combattere la criminalità organizzata rappresenti un metodo efficace per lottare contro l’evasione fiscale. Infatti, il solo volume d’affari delle mafie italiane (denaro ottenuto illegalmente, e che ovviamente viene evaso dal controllo del fisco) si aggira intorno ai 130 miliardi di euro l’anno [Fonte: A. Ceretti, R. Cornelli, Oltre la paura: cinque riflessioni su criminalità, società e politica, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 141. Dati riferiti al 2008].

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