Oggi analizziamo due concetti fondamentali nella vita e per la conduzione dello stato: quello di volontà generale, e quello di benessere generale. Entrambi sono l’estensione a una collettività di persone di un concetto originario. Parleremo dunque di volontà e di benessere, prima di estenderli alla collettività usando le terminologie di volontà generale e benessere generale.
Volontà e benessere non sono termini poi difficili da comprendere. Il primo si riferisce alla determinazione di un individuo a raggiungere uno specifico obiettivo, o una serie di obiettivi; il secondo alla qualità della propria vita. Ovviamente, ogni individuo stabilisce con dei criteri personali quali siano i propri obiettivi, quale sia conseguentemente la propria volontà, e che cosa lo faccia stare bene.
Come si può, dunque, data la natura individuale di questi due termini, estenderli a un insieme di persone, fin tanto da farli diventare propri di un gruppo? È, in effetti, proprio ciò che fanno i gruppi, o le organizzazioni sociali, cioè si pongono degli obiettivi da perseguire tramite una volontà comune e che abbia come fine l’incremento del loro benessere. Si dovrà, per forza di cose, scendere a dei compromessi nella definizione degli obiettivi comuni del gruppo, dal momento che ogni volontà individuale sarà specifica e differente dalle altre. Ma partiamo da lontano per meglio comprendere la nascita di questa volontà generale, e vedere come lo stato si debba a essa relazionare.
I primi uomini che compirono i loro passi su questa terra, a meno di future sconvolgenti scoperte, erano ciò che oggi consideriamo dei “selvaggi”. La loro natura, il desiderio di sopravvivenza, li spinse presto a comprendere che uniti avrebbero potuto più efficacemente trovare il loro benessere, anche semplicemente per mezzo della sopravvivenza stessa. Una volta ingranditosi il gruppo, e assicuratasi la sopravvivenza di base, venne il momento di creare delle regole che scandissero la vita comunitaria, regole che produssero la nascita di istituzioni di base, e poi sempre più complesse, al fine di proteggere tali regole e quindi, in una parola, di governare il gruppo, la società.
Più tali società diventavano estese e comprendevano un numero elevato di individui, e più si poneva un grande dilemma filosofico per chi intendesse governare secondo i bisogni dei cittadini: quello dell’interpretazione della loro volontà. Il problema non è solo legato a come comprendere quali siano i bisogni e quindi quale sia la volontà di ognuno, ma anche quando tale volontà sia legittima, e cioè non scavalchi i diritti degli altri, e in che modo discernerne una volontà generale, cioè quali siano gli obiettivi comunitari e come raggiungerli.
Che cos’è la volontà generale, e come può perseguirla uno stato?
Qualunque organizzazione sociale, da una piccola comunità a uno stato, ha il compito di guidare e amministrare i suoi membri, è formata dall’unione di essi, e quindi deve rispondere a quella che è la loro volontà. Nondimeno, insorgono evidenti problemi pratici allorquando queste organizzazioni sociali diventino troppo ampie, cosicché confrontare le volontà di ogni singolo partecipante, prima di prendere una decisione qualsiasi, diventerebbe una vera chimera.
Inoltre, come abbiamo già evidenziato, che sia in un grande stato, oppure in una piccola comunità, la volontà dei cittadini non è mai perfettamente coincidente fra essi, giacché mai esisteranno due elementi assolutamente uguali in natura. Per di più, può persino capitare che le singole volontà confliggano direttamente fra loro, esattamente come succede fra gruppi che fanno proprie opposte rivendicazioni. Come può dunque lo stato individuare una volontà generale, se gli uomini sono spinti dal solo desiderio di proteggere interessi particolari? Se, cioè, essi sono mossi dalla sola volontà di perseguire la propria felicità?
La volontà generale è quella, fra le singole volontà individuali, che produce il maggior benessere generale. Che la si definisca volontà generale, o in qualunque altro modo, essa si manifesta allorquando si opera in modo tale da incrementare il benessere generale, la possibilità, cioè, che ognuno persegua liberamente i propri obiettivi.
Gli uomini si uniscono allo scopo di proteggere la capacità, comune a tutti loro, d’inseguire liberamente il proprio fine, non già allo scopo di proteggere il proprio fine in sé, giacché non si può proteggere ciò che ancora non si possiede. Ognuno cerca la protezione che la comunità è in grado di offrirgli poiché comprende inconsciamente che solo così sarà libero di cercare l’ottenimento dei propri fini, la propria felicità.
Non è certo compito dell’organizzazione sociale, che si occupa della gestione dei membri del gruppo, quella di dedicarsi all’ottenimento del fine personale di ognuno di essi, quanto del porre, invece, le basi affinché siano tutelati in ogni modo nella loro ricerca. Questo comporta perseguire la volontà generale: creare le basi, il substrato, affinché ogni individuo sia protetto al meglio nell’inseguire il suo fine.
Abbiamo definito che cos’è la volontà generale, ora ci tocca rispondere ai tre punti fissati in precedenza, relativi a come interpretare le singole volontà per discernere una volontà generale che sia tale da produrre il maggior benessere generale e, dunque, come perseguire tale volontà generale.
Per comprendere come interpretare le singole volontà, dobbiamo prima sottolineare che la volontà generale può non solo non coincidere con ogni singola volontà, ma che possa essere, ai più, totalmente sconosciuta. Ciò in quanto essa non è volontà individuale, figlia del passionale ed egoistico desiderio d’ottenere felicità in sé e per sé, bensì essa è volontà generale, ossia volontà che nasce dall’incontro razionale di individui che desiderano disperatamente proteggere l’attuazione e il dispiegarsi delle proprie volontà individuali. E costoro possono tranquillamente non conoscere, comprendere o apprezzare, il risultato di tale incontro esplicato nella formazione della volontà generale. Detto in parole povere, ogni uomo può essere più o meno cosciente di quale sia il proprio obiettivo di felicità, ma può tranquillamente non comprendere in che modo esso potrà inseguirlo al meglio.
E dunque, se le istituzioni nascono al fine d’inseguire la volontà generale, e se la natura di questa non si palesasse agli occhi di tutti, e, di più, non dovesse nemmeno palesarsi agli occhi della maggioranza, come potrebbe allora la democrazia permettere alle istituzioni di conseguire il loro scopo?
Esse potranno farlo solo a condizione dell’esistenza di un appropriato ed efficientissimo sistema politico, tale da riuscire a decifrare al meglio la reale natura e i continui mutamenti di questa volontà. Sarà dunque tale sistema politico a dover interpretare le singole volontà per discernere quella generale, ossia quella che fornisca i migliori mezzi, alla comunità nel suo complesso, per perseguire i propri fini.
Ma badate bene, non stiamo parlando d’altro che di operare per il benessere generale. Solo incrementando il benessere di ogni cittadino verranno forniti a tutti i mezzi per perseguire al meglio i propri scopi. Ecco come interpretare la volontà generale: agendo per il benessere generale. Come si manifesta, in concreto, questa azione? Garantendo a tutti eguali diritti, uguaglianza di possibilità (a discapito di ogni differenza personale) e uguaglianza di fronte alla legge e allo stato.
Quando volontà individuale e volontà generale confliggono
Vi sono uomini che, spinti dell’imperante mentalità utilitarista e individualista del nostro tempo, ritengono che, per sopravvivere in questo mondo e per ricercare l’ottenimento dei propri obiettivi, si debba seguire il metodo più veloce e diretto, senza curarsi di alcuna conseguenza, mirando solamente al proprio fine. E se a tale condotta dovesse poi conseguire una sofferenza altrui, o un danno diretto alla cosa pubblica, alla stessa comunità in cui essi vivono e alle strutture di cui anch’essi usufruiscono, a loro poco o nulla importa.
Non si rendono conto, tali ingenui, egoisti fratricidi, che così agendo finiscono per scavare la fossa della propria sepoltura con le loro stesse mani; a partire dal ladruncolo che ruba più per divertimento che per necessità, il quale è costretto a godere dei frutti dei propri misfatti nell’ombra e nell’ignominia, fino all’uomo politico o al dirigente che deturpano e rovinano lo stato in cui essi stessi vivono, e di cui i loro stessi figli saranno costretti a raccoglierne i frutti ormai marci.
Ciò che essi forse mai giungeranno a comprendere è che i gravosi sforzi che hanno compiuto per ottenere il loro unico appagamento personale sarebbero stati dimezzati se essi avessero prima, concordemente con gli altri membri della società, concorso a migliorarla, in modo tale da fornire a ognuno mezzi migliori per giungere prima e meglio, secondo giustizia, e con i benefici alla propria anima che ciò sa dare, allo stesso risultato; se avessero cioè operato, secondo la volontà generale, a concorrere al benessere generale.
Soltanto collaborando, e realizzando che la nostra felicità è legata, se non quando addirittura dipendente, a una società migliore, ogni uomo potrà raggiungere i propri obiettivi, anche puramente individuali ed egoistici, con maggiore sicurezza e leggerezza, in quanto saprà che la struttura sociale esistente gli permetterà di agire con la facilità e la tutela che solo una società coesa e ben funzionante è in grado di garantirgli. Perseguire il benessere generale tutela nel miglior modo il raggiungimento e il mantenimento degli interessi individuali. Da qui discerne l’importanza del compito delle istituzioni di interpretare la volontà generale e darne attuazione attraverso un incremento del benessere generale.