Un modello alternativo di tassazione

statua della giustizia (articolo tassazione)

Il principio secondo cui ogni cittadino concede in parti uguali la propria sovranità allo stato, pone un’infinità di riflessioni in merito all’uguaglianza che successivamente lo stato debba riconoscere ai cittadini stessi. Una di queste riflessioni riguarda il sistema delle tasse.

Siccome tutti i cittadini concorrono in parti assolutamente uguali a formare lo stato e darne sovranità, a ciò dovrebbe logicamente conseguirne un uguale concorso nel fornire le imposte necessarie alla sopravvivenza dello stato stesso. In parole più semplici: ogni cittadino dovrebbe concorrere nella stessa misura a pagare le imposte allo stato.

Il sistema economico capitalista in cui viviamo, tuttavia, provoca delle serie disuguaglianze di reddito fra i cittadini. È possibile, in tale sistema economico, che ogni cittadino concorra nella stessa misura a corrispondere le tasse allo stato? Laddove il sistema economico sia tale da provocare sostanziali differenze di reddito fra i cittadini stessi, come potranno essi mantenere una certa equità nel pagamento dei tributi?

La soluzione non è poi così complessa. Basterà, infatti, predisporre un sistema di tipo proporzionale che, rapportando il reddito percepito e il costo della vita per ogni individuo, ne determini la capacità, nonché la reale possibilità, a partecipare alla tassazione.

Punto cardine di un modello retributivo basato su questi princìpi sarebbe quello di predisporre degli appositi uffici tecnici statali che si occupino costantemente di stabilire e valutare tali caratteristiche per ogni cittadino, tenendo costantemente conto delle variazioni che possono influire soprattutto su queste due variabili, cioè, lo ripetiamo, il costo della vita e il reddito percepito. Ovviamente, oggi, nell’era dell’informatica e dell’utilizzo dei software per eseguire ogni operazione, la mole di lavoro che apparentemente la predisposizione di questo sistema potrebbe portare risulterebbe di molto ridimensionata.

Tale modello, dunque, si opporrebbe al sistema di tassazione attuale che, viceversa, non tenendo assolutamente conto di quella che è la capacità economica dei singoli cittadini di concorrere al progresso dello stato, impone una tassazione iniqua e ingiusta, producendo, come primo ma non unico grave effetto, quello di ridurre in povertà un sacco di individui che, badate bene, una volta ridotti in povertà non potranno più corrispondere allo stato alcunché. Ergo, in ultima analisi, con il sistema di tassazione attuale, lo stato non fa altro che indebolirsi con le sue stesse mani, non pretendendo di più da chi sarebbe sufficientemente in grado di dargli, e pretendendo troppo da chi non è invece in grado di dargli ciò che gli chiede. Così facendo, esso ottiene di recuperare pochissimo da chi può e assolutamente nulla da chi ha ridotto in povertà, che, anzi, a livello economico, diventa addirittura un peso ulteriore.

Un modello di esempio

Adesso proverò a descrivere un modello teorico che tenti di avvicinarsi allo scopo desiderato, e che possa fungere, nel migliore dei casi, da archetipo per un’eventuale successiva predisposizione di tale normativa.

Il modello prevede che ogni cittadino abbia il diritto di godere dei suoi guadagni fino a una percentuale minima. Dal momento che stiamo ora facendo degli esempi, proporrei che questa sia pari al 60% sui guadagni totali. Questa norma è onnicomprensiva, e cioè riguarda ogni singolo cittadino, a partire dai più benestanti, salendo gradualmente verso i meno abbienti. Essendo questa la percentuale minima di godimento dei frutti del proprio lavoro, essa sarà relativa ai ceti più ricchi della società, per aumentare gradatamente man mano che si scende verso i ceti più poveri, i quali potranno disporre di una cifra percentuale sui loro guadagni gradualmente più alta.

Questa norma esprime un bisogno ineccepibile dello stato, quello che ogni cittadino, a partire dal più povero, abbia la possibilità di sopravvivere e di disporre di un’esigua parte di denaro a scopo di copertura, da accumulare nel caso si manifestino tempi più duri, oppure da spendere come meglio crede.

Ma portiamo adesso un semplice esempio utilizzando delle cifre reali che, sebbene possa sembrare banale, spero comunque sia in grado di rivelarsi utile a chiarire questo modello: un pensionato che si veda corrisposta una pensione dell’importo di 1.000 euro mensili, oggi, nel 2016 e con l’attuale costo della vita, per sopravvivere, ponendo che viva in un’abitazione di sua proprietà e che non debba badare a nessuno al di fuori di sé, direi che non possa essere tassato globalmente per una cifra superiore a 100 euro, in modo da poter così godere del 90% dei suoi guadagni, con cui fare fronte al costo attuale della vita, e in modo da permettergli di accumularne una benché minima parte.

Ci tengo a sottolineare che questo è solo un esempio, chiaramente io non posseggo gli strumenti adatti a fare calcoli di tal genere in maniera esatta, pertanto, anche se i risultati potranno comprensibilmente sembrarvi errati non ve ne curate, l’importante è che ne venga compreso il meccanismo e il fine.

Concludo l’esempio esaminando, adesso, un cittadino che ottenga dei ricavi netti pari a 100mila euro mensili. Egli dovrà corrispondere tasse pari a 40mila euro al mese allo stato, versando così il massimo importo possibile che gli si possa imporre, e permettendo, al contempo, che gli sia salvaguardato il diritto di godere del 60% dei suoi guadagni e del suo status di ricchezza e agiatezza che, con l’importo rimanente, sarebbe ugualmente assicurato.

Gli effetti che la nuova tassazione produrrebbe

Se coniugato, questo modello, con la predisposizione di un sistema basato su valuta elettronica, apporterebbe enormi benefici. Grazie all’introduzione della valuta elettronica, infatti, e della predisposizione di uffici atti a calcolare quanto un cittadino possa e sia in grado di pagare allo stato, quest’ultimo sarebbe sempre a perfetta conoscenza della capacità economica di ogni cittadino. Con la predisposizione di questo sistema di retribuzione, sarebbe quindi in grado di procedere in maniera congrua a chiedere delle imposte secondo criteri di equità e giustizia.

Badate bene che tale sistema non intende, in alcun modo, eliminare la ricchezza, neanche essere esasperato ai danni dei più ricchi. La ricchezza di una nazione ne sancisce la fortuna e lo sviluppo, purché, tuttavia, essa non sia maldistribuita (allorché, viceversa, ne determinerà la caduta); ossia, purché la condizione di ricchezza di alcuni individui non produca una situazione di disuguaglianza giuridica e politica rispetto ai suoi simili.

È dall’esigenza di ottemperare a tal fine che nasce questo modello di tassazione, che sarebbe utile a fornire, inoltre, ulteriore giustificazione alla tassazione in sé, eliminando completamente il bisogno di pretenziose legittimazioni alla loro riscossione.

 

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