L’intrinseca falsità delle discriminazioni

Universo

La storia ci ha consegnato l’esempio di molti uomini, importanti e non, che hanno ritenuto di vedere, nei loro simili, delle differenze. Differenze credute rilevanti e, troppo spesso, purtroppo, sufficienti per perpetrare su coloro che identificavano come diversi le peggiori atrocità. Ma, in fondo, gli esseri umani, sono realmente uguali, oppure sono disuguali?

Al di là delle opinioni che scaturiscano da necessità specifiche, come possono essere quelle inerenti a prendere determinate posizioni per ottenere un compenso di tipo politico, ad esempio, cercherò di dare una risposta a questa domanda, per poi determinare la liceità o meno delle discriminazioni, sotto tre profili differenti:
1. Naturale
2. Giuridico e sociale
3. Scientifico

Gli esseri umani sono differenti sotto il profilo naturale?

Partiamo dalla prima, logica e immediata osservazione: in natura non esiste nulla di uguale. Nulla. Persino ciò che al nostro (limitato) sguardo può apparire come uguale a qualcos’altro, in realtà, se esaminato con attenzione e più profondamente, ci accorgeremo che non lo è. Questa incontrovertibile legge naturale non ammette deroghe, non risparmiando assolutamente nulla, tantomeno gli esseri umani. Ecco, pertanto, la risposta al quesito sotto il punto di vista naturale: ogni essere umano, anzi, ogni essere vivente, è diverso da qualsiasi altra cosa nell’universo.

Gli esseri umani sono differenti sotto il profilo giuridico e sociale?

Di fatto, la risposta è affermativa, se ci riferiamo alla quasi totalità delle realtà sociali del nostro pianeta. Ovunque, dalla più piccola comunità o associazione di uomini, al più grande impero che la storia abbia conosciuto, gli appartenenti a quelle comunità umane spesso definite Stato, sono stati considerati diversamente sotto il profilo giuridico, ossia della legge, e sociale, ossia del senso comune.

Gli esseri umani sono differenti sotto il profilo scientifico?

La scienza si occupa di scoprire a fondo la natura della vita. Pertanto, a volte può considerare gli esseri umani come un’entità unica e formata da unità convenzionalmente ritenute uguali; altre volte, invece, necessita di scovare le differenze fra appartenenti alla stessa specie, esseri umani compresi. Pertanto, per rispondere a finalità scientifiche e conoscitive, la scienza può ritenere gli esseri umani come diversi fra loro.

L’unicità umana in relazione alle discriminazioni

In tutti e tre i campi, naturale, giuridico e sociale, e scientifico, gli esseri umani vengono considerati diversi gli uni dagli altri. Il primo campo lo fa in quanto rappresenta una legge naturale, forse divina, e contro cui nulla e nessuno può opporsi. Il terzo lo fa per motivi di apprendimento e conoscenza. Se arriviamo al secondo, tuttavia, le cose si complicano, giungendo spesso a scoprire che le differenze da esso stabilite non sono lecite.

La natura, per mezzo della scienza che si occupa di studiarla, ci consegna l’immagine che già abbiamo definito: ogni singolo individuo è diverso dai suoi simili. Ma, giuridicamente e socialmente, è giusto discriminare gli individui? Non è forse vero che alcune delle più grandi fratture sociali, alcuni fra i più grandi mali per la salute di uno stato e per il benessere della democrazia derivano proprio dalle discriminazioni fra gruppi diversi d’individui?
Non la presenza di gruppi in sé, che è generalmente motivo di salute per una democrazia, ma il fatto che questi si barrichino dietro i propri stemmi, iniziando a vedere gli altri gruppi come qualcosa di negativo per il benessere dello stato, e ritenendo di doverli tenere a bada, o cancellare, o esiliare, fintanto a ritenere che solo il loro gruppo abbia il diritto ad essere lo stato.

Qui, nuovamente, la natura può insegnarci, venendoci prontamente incontro con la sua saggezza. Gli stati non si costruiscono solo con i mattoni e il sudore della fronte, ma vi è qualcosa di sottile, apparentemente invisibile, e molto più potente; qualcosa che ne costituisce l’anima, l’ossatura di ogni gruppo sociale e degli stati, e che ne garantisce un futuro splendente, oppure un’esistenza infima e sofferente. Sto parlando dei princìpi su cui si fonda uno stato. La natura ci insegna che tutti gli esseri umani sono unici e diseguali e che quindi, anche divisi in associazioni di diverso tipo, comunque rimarranno tali. Ma che senso ha discriminare qualcuno per un qualunque suo aspetto, se poi siamo tutti discriminati naturalmente? Che senso ha credere che qualcuno sia inferiore, o debba essere deriso, o attaccato, per un suo aspetto di diversità dagli altri, quando in tutti gli aspetti, tutti noi esseri umani, siamo diversi gli uni dagli altri?

Dare a qualcuno del diverso per via di un suo singolo aspetto sarebbe come dargli dell’“essere umano”, e sarebbe come dare dell’“essere umano” anche a sé stesso poiché, riconoscendo una diversità da sé stesso in un altro, si riconoscerebbe immediatamente anche la propria diversità da quell’altro. Si finirebbe, pertanto, a stabilire che i due individui, uno di fronte all’altro, sono in tutto e per tutti diversi uno dall’altro, cioè si direbbe la più grande ovvietà. In fondo diventerebbe, il tutto, un semplice spreco di fiato!

La democrazia stessa, in questo senso, è l’aver compreso in pieno quest’immensa e incontrovertibile legge naturale. E non è un caso che proprio la democrazia venga considerata il miglior tipo di stato, poiché crea le migliori condizioni sociali in cui vivere. Questo perché alla base di essa vi è un luminoso principio: siamo tutti uguali.

simbolo Tao
Diversità e uguaglianza sono aspetti simbiotici e complementari della vita

La diversità di tutti è la base su cui creare lo stato democratico, che ne riconosce l’uguaglianza affinché tutti, pienamente disuguali tra loro, abbiano lo stesso diritto di scegliere per sé e per la comunità. All’interno di ogni gruppo sociale, poi, si creano gruppi più piccoli, ad esempio: lo stato rappresenta il primo grande gruppo sociale, al suo interno però, vi si possono suddividere infiniti gruppi, sulla base di infiniti tipi di differenze, proprio perché gli esseri umani sono differenti sotto ogni loro aspetto. Pertanto, potremmo avere gruppi differenti per opinioni politiche, fede religiosa, orientamento sessuale, colore della pelle, preferenze sportive, idee sul progresso, preferenze in merito a come vestirsi, abitudini personali, e così via, all’infinito. Ma, in fondo, ha veramente senso sentirsi diversi dagli altri per via dell’appartenenza a diversi gruppi? A mio parere, no.

Questo perché ognuno è già diverso da tutti gli altri, anche gli appartenenti allo stesso gruppo. Ad esempio, si può appartenere a coloro che sono cattolici, ma in fondo la fede di uno non sarà mai uguale a quella di un altro; si può essere caucasici, ma il pigmento della pelle di uno non sarà mai uguale a un altro, e così via.

Per concludere, esaminiamo ciò su cui più profondamente si basano le discriminazioni. Chi discrimina gli altri lo fa partendo da un concetto fondamentale, cioè che l’appartenenza a un gruppo renda diversi dagli altri per via dell’assunzione di un modo di pensare. Ma, se non è per natura possibile essere uguali sotto alcuno aspetto, come lo si può essere per il proprio pensiero? Certo, si potranno avere delle opinioni in comune, ma mai uguali e, comunque, pur appartenendo allo stesso gruppo, tutti saranno diversi. Se abbiamo stabilito che gli uomini sono tutti differenti sotto ogni aspetto, non vi pare logico ritenere che lo siano anche sotto quello mentale? Il cervello, la parte più misteriosa e complessa del nostro corpo, non rappresenta forse ciò che meglio esalta il principio della diversità e, al contempo, facendo ciò rende vana ogni discriminazione?

Spesso risulta semplice accusare qualcuno di essere colpevole di mali più grandi di lui, giacché cercarne le vere e profonde cause richiede tempo e fatica, e molto spesso spaventa, poiché l’uomo è spaventato da ciò che non conosce. Accusare il primo essere che ci pare diverso da noi, per un qualsiasi aspetto, di essere causa dei mali della nostra società è cosa tanto semplice quanto, l’abbiamo dimostrato, infondata.

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